reinstallare Grub per un sistema in dual-boot con Windows 7 e due hard disk

1024px-Fedora_logo.svgRecentemente ho avuto l’occasione di aggiornare Windows Vista a Windows 7 Professional. Purtroppo, così facendo, ho fatto anche inevitabilmente saltare l’installazione di Grub effettuata dal mio sistema Fedora 14 installato sul secondo hard drive del pc.

Le guide che ho trovato per effettuare tale operazione sono numerose, ma quasi tutte riferite alle operazioni su un unico disco presente.

Quelli che seguono, invece, sono i passi eseguiti per ripristinare il funzionamento di Grub reinstallandolo nell’MBR del primo disco e mantenendo il sistema Linux nel secondo drive.

  1. Riprendiamo il disco di installazione di Fedora 14 dal cassetto (o dalla nostra pila di distribuzioni GNU/Linux ;-)):
  2. avviamo il sistema da tale supporto e scegliamo l’opzione di ripristino di un sistema esistente;
  3. montiamo il sistema in modalità scrittura con il comando:
    chroot /mnt/sysimage
  4. arriviamo così ad una shell minimale, e impartiamo quindi il comando
    grub
  5. in questo modo otteniamo l’interfaccia di comando di grub:
    # grub
    Probing devices to guess BIOS drives. This may take a long time.
    GNU GRUB version 0.97 (640K lower / 3072K upper memory)
     
    [Minimal BASH-like line editing is supported. For the first word, TAB
    lists possible command completions. Anywhere else TAB lists the possible
    completions of a device/filename.]
    grub>
  6. a questo punto useremo il comando
    grub> find /grub/grub.conf

    per trovare la partizione contenente i file necessari al boot del nostro sistema (in caso d’errore possiamo provare ad impartire il comando utilizzando il path completo del file di configurazione grub> find /boot/grub/grub.conf) … questo ci restituirà la stringa (hd1,0);

  7. a questo punto impartendo il comando
    grub> root (hd1,0)

    diremo a grub di utilizzare tali file nel nostro sistema;

  8. impartiamo il comando che reinstallerà, con le configurazioni esistenti, grub nell’MBR del primo hard disk (scopo che ci eravamo prefissi all’inizio di questo piccolo how-to:
    grub> setup (hd0)
  9. se tutto è andato a buon fine, dopo una serie di messaggi, verremo congedati con un laconico Done.
  10. Siamo quasi alla fine della procedura, con usciamo prima dalla console d’emergenza di grub e poi riavviamo il sistema:
    grub> quit
    #
    # shutdown -r now

È fatta! Ecco a noi in tutto il suo ‘splendore‘ la finestra di grub che ci chiede se vogliamo avviare il nostro sistema con Windows o Fedora. Buon lavoro!

Software Freedom Day e Debian/Ubuntu Community Conference (18 settembre 2010)

Tratto da Software Freedom Day 2010 e Debian/Ubuntu Community Conference.

Ancora una volta FSUGItalia, in collaborazione con l‘ITC “A. Capitini – Vittorio Emanuele II”, con il patrocinio della Regione Umbria, della Provincia di Perugia e del Comune di Perugia, ha il piacere di invitarvi al Software Freedom Day, edizione 2010.

Software Freedom Day è un evento mondiale con circa 300 team partecipanti in tutti i continenti e 12 in Italia (Brescia, Catanzaro, Cosenza, Enna, Feltre, Latina, Milano, Orvieto, Palermo, Quartu, Schio e ovviamente il tradizionale evento FSUGItalia a Perugia), pensato per promuovere il software libero in generale, con una certa attenzione per il mondo delle scuole e degli studenti.

L’evento è organizzato a livello internazionale dalla Software Freedom International (Fondazione americana senza fini di lucro) in collaborazione con Google, Canonical, Red Hat e con il supporto di FSF ed FSFE.

Il luogo dell’appuntamento perugino, come ormai da tradizione, sarà  il Centro Congressi “Aldo Capitini” di viale Centova 4.

L’evento, da sempre legato al mondo scolastico ed accademico, si avvale dell’ottima e duratura collaborazione tra FSUGItalia e l’ITC Aldo Capitni – Vittorio Emanuele II ; dopo il riuscito coinvolgimento degli studenti nell’edizione 2009, quest’anno si è riusciti ad aumentare il numero degli interventi eseguiti dagli studenti della scuola, che ancora di più, si pone come soggetto attivo nella diffusione del software libero e dei suoi valori.

L’evento partirà con la sessione mattutina alle ore 9:00 con gli interventi introduttivi (e delle autorità convenute) e seguirà con gli interventi tecnici/specialistici degli esperti e degli studenti fino alle ore 13.
Nel pomeriggio presso il “Dipartimento di Matematica ed Informatica” dell’Università degli Studi di Perugia, vi sarà  uno spazio dedicato agli aspetti più pratici del software libero, alle installazioni ed alla risoluzione dei problemi tecnici. Oltre al team di FSUGItalia, ospite d’eccezione di quest’anno, direttamente dalla community di Ubuntu-it, Paolo Sammicheli.

Prevista inoltre la partecipazione del “GNU/Linux User Group Perugia
e del CCOS, in rappresentanza delle attività  locali legate al FOSS. Come di consueto inoltre, sarà  prevista la partecipazioni di rappresentati degli enti locali (presto ulteriori aggiornamenti).

Per maggiori informazioni potete consultare la pagina sfd10 del nostro wiki alla sezione “eventi“.

Per i banner, volantini ed altro materiale, visitare la sezione “materiali“.

Inoltre, grazie ad una efficace collaborazione tra i membri delle comunità  Debian ed Ubuntu, l’Università degli studi di Perugia (nella persona del prof. O. Gervasi) e FSUGItalia si è riusciti a portare nel medesimo giorno, presso il Dipartimento di Matematica ed Informatica dell’Università degli Studi di Perugia (via Vanvitelli 1, Perugia), la “DUCC-It ’10” ( la conferenza delle comunità  Italiane Debian-it ed Ubuntu-it). L’evento, sarà  dedicato principalmente agli appartenenti attivi delle varie comunità , focalizzandosi, come di consueto, sulle attività  di sviluppo, mantenimento, traduzione e promozione.

Questo però non preclude in alcun modo la gradita partecipazione di pubblico interessato ad entrare in questo mondo dalla “porta principale”. A questa giornata si aggiungono inoltre il briefing di venerdì ed il debriefing di domenica (presso l’Hacklab “Projectz on Island” di Via Magno Magnini). Durante i giorni del DUCC-It ’10 sarà  presente anche il nuovo Debian Project Leader, Stefano Zacchiroli.

Quindi riflettori puntati sull’evento di Perugia, senza dimenticare gli eventi nelle altre città  da seguire con attenzione.

Fedora raccoglie candidature per i suoi prossimi wallpaper

Un paio di giorni fa svegliandomi presto, come di questi tempi mi capita spesso di fare, ho approfittato della calma mattutina e seduto al Mac mi son messo a girovagare per il web e a smistare un po’ di link e tweet della giornata precedente … scopro così che (finalmente) anche il team del Progetto Fedora ha attivato il suo bravo canale @Fedora su Twitter.

Incuriosito (e dato che da tempo non sono più iscritto alle loro mailing list a causa del volume delle email quotidiane) parto con la lettura di tutti i tweet venendo quindi a conoscenza di questo post che descrive l’iniziativa per cui il Fedora Artwork team raccoglie candidature dalla propria comunità  utenti per la creazione del pacchetto dei wallpaper opzionali da includere nella prossima release della distribuzione:

[The Fedora Artwork team is] also aiming to include a lot of additional wallpapers (much like upstream Gnome does) that people may use as an alternative. We are looking for photos or abstract graphics that lend themselves to being good wallpaper, ie. something not too distracting or busy — close-ups of grass and flowers, landscape vistas, abstract graphics like swirls and bubbles are all good examples but try to think out of the box as well. We are collecting submissions on this page until Thursday, August 19.

Successivamente a questa scadenza per l’invio del materiale fotografico partirà la votazione da parte della comunità .
Al momento in cui scrivo il wallpaper proposto che più incontra il mio gusto attuale è quello intitolato “Seneca Lake” che vado a mostrarti:

Seneca Lake by eflon

Il tuo qual’è ?

migrazione RedHat Enterprise Linux a CentOS eseguita!

Lo scorso anno acquistammo un serverino – dischi in fiber channel, 4 cpu quadcore, 32GB di RAM … la solita roba, insomma – con su Red Hat Enterprise Linux. Ovviamente quest’anno allo scadere della licenza non ci sono i fondi per proseguire con gli abbonamenti annuali.

features rhel

Che si fa? Si migra a CentOS, ovviamente!
Per fortuna la procedura di migrazione è stata semplice, immediata e rispettosa del tutorial proposto nell’apposita pagina del wiki ufficiale.

In breve ho aggiornato la RHEL alla release 5.5. Questo ha fatto anche si che i repository ufficiali venissero cancellati dalla directory /etc/yum.repos.d (quindi fattene un backup, per riferimento futuro).

Ho disattivato tutti i repository aggiuntivi alla distribuzione (adobe, epel e remi).

Ho disattivato, prima, e rimosso, dopo, il plugin rhnplugin di yum, quindi imparito i comandi:

cp /etc/redhat-release /etc/redhat-release-saved
rpm -e --nodeps redhat-release-notes redhat-release yum-rhn-plugin redhat-logos

… e poi scaricato manualmente i pacchetti centos-release, centos-release-notes e redhat-logos-X.X.XX-XX.el5.centos.noarch.rpm dal mirror Italiano di CentOS (li trovi nel percorso ../5/os/$ARCHITETTURA/CentOS/).

Fatto ciò li ho installati manualmente e poi ho dato il più classico dei:

yum update

per completare la migrazione, ed eccoci qua:

CentOS-5-3-Is-Here-Based-on-RHEL-5-3-3

[root@localhost ~]# cat /etc/issue
CentOS release 5.5 (Final)

[root@localhost ~]# uname -a
Linux localhost 2.6.18-194.3.1.el5 #1 SMP Sun May 2 04:17:42 EDT 2010 x86_64 x86_64 x86_64 GNU/Linux

Dropbox e Fedora 12

Mi rendo conto che con questo post accenno per la seconda volta a Dropbox e che ci potrà essere qualcuno di chi mi legge che potrebbe non averne mai sentito parlare. Poco male basta vedere il video introduttivo sulla home page del servizio {1}.

Dropbox logo

Da quando sono diventato sottoscrittore del servizio, Dropbox è una applicazione imprescindibile da aver installato su ogni dispositivo capace di connettersi alla rete che posseggo … iPhone, MacBook, la mia postazione Fedora al lavoro, la macchina virtuale Windows che c’è installata sopra, la Ubuntu-box “media-center” che è a casa …

I passi per installarlo su Fedora, anche a 64bit come la mia, sono semplici. Come primo passo dovremo scaricare l’rpm specifico dal sito ufficiale del servizio. Passeremo quindi ad installarlo e quindi verificheremo nel menu principale di Gnome, alla voce Internet, la sua presenta.

Cliccando l’icona daremo il via a quella che è l’effettiva installazione del software.
Alternativamente, aperta una sessione di terminale come utente root imputeremo il comando dropbox start -i che eseguirà le stesse operazioni avviando il demone del servizio.

A questo punto non rimarrà altro che creare il nostro nuovo utente – o autenticarci con delle credenziali pre-esistenti – per completare la procedura. Buona sincronizzazione !


{1} accettando il mio codice di invito avremo (tu ed io) uno spazio extra a disposizione!

Fedora, Google Chrome e Flash a 64bit assieme appassionatamente

Da qualche tempo (un annetto abbondante, va) la mia distribuzione GNU/Linux preferita per il mio uso personale è Fedora.

sarà  Perché con la nuova struttura del progetto e di RPMforge è più semplice reperire il software, perchè alla lunga si sta dimostrando (con Debian e Ubuntu) quella meno soggetta a scossoni, perchè al lavoro usiamo CentOS e RedHat e tutto l’ambaradan mi rimane familiare … sarà  che mi da tutto quel che mi serve … insomma, mi piace!

Di recente ho avuto una postazione in grado di eseguire codice a 64bit e un upgrade di RAM quindi mi son deciso a metter su la versione specificatamente compilata della distribuzione.

Poi, in vena di test, ho messo su Chrome (e Chromium) a 64bit. Mi è sorto il problema di farci andare il plugin flash per la corretta visualizzazione di alcuni contenuti su varie pagine web :-/

Dopo qualche tentativo ho trovato la soluzione in questo post. Riassumendo:

  1. si scarica l’rpm di Chrome a 64bit e lo si installa;
  2. si scarica il plug-in Flash compilato a 64bit dal sito Adobe;
  3. si decomprime il file scaricato ottenendo il nostro “uomo”: libflasHPlayer.so;
  4. come utente root si crea, se non esiste la directory /opt/Google/chrome/plugins;
  5. vi si copia il file decompresso
    cp libflasHPlayer.so /opt/Google/chrome/plugins
  6. quindi, come utente normale, si provvede ad avviare una prima volta il browser con il comando
    Google-chrome –enable-plugins

Et voilà, d’ora in poi potremo visualizzare YouTube e tutti gli altri siti che utilizzano Flash per la fruizione dei contenuti senza problemi!

come aggiornare PHP e MySQL su CentOS usando il repository di Remi

Ci siam trovati in ufficio a dover aggiornare l’accoppiata PHP/MySQL per il deployment di un paio di applicazioni bio-informatiche in corso di sviluppo.

I nostri sistemi, per N ragioni, sono ancorate al mondo rpm; quindi Red Hat Enterprise Linux ed il suo clone “free (as in beer)CentOS e il loro lento ciclo di update hanno prodotto la situazione per cui o affrontavamo l’aggiornamento “a mano” di 10 nodi con ricompilazione dei sorgenti, oppure adottavamo la strategia dell’adozione di un repository esterno alla distribuzione.

Dopo un’indagine abbastanza veloce abbiamo deciso di affidarci al lavoro, pluriannuale e ben noto, di Remi Collet. Una veloce ripassata a yum e ai suoi plugin ed i pacchetti erano installati, con la piccola rogna di un problema con le dipendenze di PHP-MySQL (probabilmente dovuta all’aggiornamento in fasi distinte di PHP prima e MySQL poi).

Risolto quello son passato ad esaminare MySQL e i database da esso gestiti, incontrando il simpatico errore qui sotto riportato:

ERROR 1146 (42S02): Table ‘MySQL.servers' doesn't exist

when you do a simple FLUSH PRIVILEGES;

Son quindi corso ai ripari con una veloce ricerca su Google che mi ha convinto della necessità di applicare SEMPRE, indipendentemente dal metodo di aggiornamento utilizzato (tar.gz, deb o rpm), il comando MySQL_fix_previleges_tables assieme alle altre indicazioni che si trovano nella documentazione ufficiale PRIMA di fare altre operazioni sui database..

Nella fattispecie impartendo il comando:

/usr/bin/MySQL_fix_privilege_tables --password=$your-MySQL-root-password

ha risolto il mio problema.

Alternativamente una soluzione avrebbe potuto essere quella proposta in questo post, ma come ho detto non c’è stato bisogno di fare altre operazioni.

come abilitare il plugin Java su Firefox e CentOS a 64bit

Nelle scorse settimane avevo instalalto e configurato un server CentOS 5.3 a 64bit, installato sia la Java-openJDK che la JRE ufficiale SUN a 64bit e bona.

Stamattina mi chiama un collega e dice che il plugin su Firefox non gli va. Vedo e rivedo non capisco quale sia il problema, perso – tra l’altro – tra centinaia di post che fanno riferimento a vecchie versioni della JRE, di Firefox e vecchie incompatibilità tra il plugin ed il browser tra 32 e 64bit.

Alla fine, fortunatamente, trovo questo post, con l’indicazione del file libnpjp2.so che, nel mio caso, si trova in /usr/Java/jre1.6.0_16/lib/amd64/libnpjp2.so.

Vado nella cartella /usr/lib64/Firefox-3.0.14/, creo una directory plugins ed impartisco il comando:

ln -s /usr/Java/jre1.6.0_16/lib/amd64/libnpjp2.so libnpjp2.so

Avvio quindi Firefox, mi reco alla pagina di test per la virtual machine ed ecco il risultato atteso:

Your Java configuration is as follows:

Vendor: Sun Microsystems Inc.

Version: Java 6 Update 16

Operating System: Linux 2.6.18-164.2.1.el5

Architecture: amd64

Enjoy!

Preoccupazione in Canonical – la risposta

Complice una domenica mattina pigra e relativamente libera da impegni ed incombenze varie mi sono dedicato ad un po’ di quel sano nomadismo del web seguendo il guizzo del momento.

Sono arrivato sulle pagine del blog di Fabio Marzocca, nome di spicco (a mio avviso) nella comunità  Italiana di Ubuntu (è la mente dietro idee come Baobab e BUM che ho usato sin dalla nascita di questa distribuzione).

Il 9 luglio scorso Fabio esprimeva il suo punto di vista sul grado di preoccupazione in Canonical (che, per chi non lo sapesse, è l’azienda che paga e sovvenziona la comunità  Ubuntu) dopo gli annunci circa la scesa in campo di Google con il suo GoogleOS.

In estrema sintesi Fabio pensava a come un giocatore famoso e dal nome altisonante come Google va a scalfire il mercato di Linux, e Ubuntu in particolare, in ambito netbook e di come RedHat e Novell comunque detengono una credibilità maggiore in ambito enterprise. Il tutto, dunque, a “schiacciare” il mercato a disposizione per Canonical.

Ha seguito un certo numero di commenti e ad un certo punto mi son chiesto se, a distanza di tre mesi, avesse ancora senso rispondere ad un post del genere. La risposta è stata si e la state leggendo 😉

Andiamo per punti, cercando così di chiarire alcuni punti e lanciare interrogativi.

i Netbook

Se vogliamo i netbook sono il segno della “sconfitta” dell’informatica di qualità. Punto primo, l’hardware utilizzato è di non eccelsa fattura. Come farebbe a costare meno di un qualsiasi smartphone degno di questo nome ? Schermi poco leggibili, trackpad frigidi, tastiere e case scricchiolanti, dischi fissi di due generazioni fa.

Se le cose migliorano il prezzo sale al livello di macchine ben più performanti, dove l’acquirente comincia a chiedersi se e quanto la portabilità sia più importante della produttività che lo strumento gli può, anzi deve, garantire.

Dal lato software c’è la sconfitta del software libero.

In una nicchia di mercato dove nessuno era dominante (non c’era del tutto tale nicchia, ricordiamolo), un sistema operativo altamente modulare, imperante nel mondo embedded, ricco di soluzioni e distribuzioni “small size” e “mobili” è stato castrato:

  • da scelte hardware “fuori standard” o “winmodem” like (parola che provoca sudori freddi a tanti della vecchia guardia);
  • dalla nascita di distrubuzioni fini a se stessa da parte di OGNI produttore, distribuzioni morte Perché nate in contesti del tutto opposti dove il SL nasce e prospera;
  • da interfacce grafiche bambinesche (almeno quelle che ho visto io);
  • prestazioni non esaltanti delle moderne distribuzioni su hardware limitato (con buona pace dell’adagio “usa Linux per ridare vita al tuo (vecchio) pc!”;

Questo insuccesso ha addirittura riportato in vita Windows XP, che possiamo definire l’highlander dei sistemi operativi di casa Microsoft !!!

Sempre più produttori stanno abbandonando la strada delle distribuzioni “self owned” e usano MS Windows, scaricandosi così del peso di mantenere una distribuzione in casa e non avendo capito che si doveva (e deve!!!) collaborare con la comunità  in maniera totalmente diversa.

All’utente non piace cambiare.

Sul pc di casa avrà Windows (diciamo ottimisticamente nell’80% dei casi?) Perché trovarsi obbligato a studiare qualcosa di ignoto e complesso come GNU/Linux, repository free, non-free, backports, partners e chi più ne ha più ne metta ?

Quindi la battaglia di Ubuntu (e GNU/Linux) con il grande pubblico (e susseguenti grandi numeri) è già persa. Canonical a mio avviso NON deve puntare su questo mercato.

GoogleOS

Secondo me si rivelerà l’ennesima distribuzione GNU/Linux customizzata. OK, hanno tirato su Android e io non me ne sono mai interessato abbastanza da capire se è un progetto che nasce da zero o cosa.

Vista però la scelta di Apple di customizzare Mac OS per il suo iPhone direi che la mia “ipotesi” la vedo abbastanza sensata. Inoltre, se il suo sforzo sarà  soltano rivolto all’usabilità di Gnome (o altro desktop enviroment, magari più esotico) come nel caso di Slab temo che si rivelerà tutto una bolla di sapone Perché all’utente servono le applicazioni e non un sistema operativo.

Ora, se GoogleOS sarà  una versione con steroidi di Android e se il loro Market ha un successo vagamente simile alla facilità d’uso dell’iTunes Store per la gestione delle applicazioni allora sarebbe figo!

Altrimenti si rimarrà nel calderone attuale della bizantina gestione del software.

Cos’è un sistema operativo Enterprise?

È un sistema operativo affidabile, essenzialmente. Un sistema omogeneo nei comportamenti, aperto alle innovazioni (virtualizzazione, you know?) ma stabile e prevedibile nel comportamento di base nel corso degli anni.

Ed è per questo che RedHat, Novell e Solaris sono per un’impresa, un’Azienda, un’Istituzione pubblica, quello che sono. Lo sforzo che Canonical ha intrapreso e per cui spende tempo ed energie, alleandosi e “certificandosi” con i più blasonati produttori di hardware e software è la via da percorrere.

Sicuramente in futuro potrà innestarsi la logica Ubuntu Server in ufficio, Ubuntu Desktop a casa a differenza di quanto accade per le controparti RedHat/Fedora, dove la seconda per un utente è del tutto fuori di testa per la gestione dei repository e di parecchi aspetti del sistema operativo. La distribuzione supportata e sponsorizzata da Canonical, infatti, ha proprio questa accessibilità alle informazioni sul suo funzionamento come suo punto di forza sin dalla nascita e, superati gli scogli con le applicazioni mission critical (clusterizzazione, dbms, webserver HA) su hardware “ostico” avrà spianata la sua strada in ambito aziendale.

Alla fine nella mia “azienda” e presso quelle analoghe, la scelta ricade su RedHat al momento dell’acquisto dei server e CentOS al momento dell’upgrade proprio per la compatibilità certificata con i sistemi di storage e calcolo avanzati che offrono, piuttosto che poi alla facilità di installazione e gestione di software di calcolo specifici.

Quindi non credo che debba esserci preoccupazione in Canonical, quanto la voglia di fare qualcosa di nuovo in ambito aziendale ed essere più cristallina (e meno offuscante) nel rapporto tra hardware a disposizione e possibilità dell’utente di configurarlo a suo piacimento.

Ubuntu e bio-informatica

Quest’oggi vorrei parlare di un particolare progetto OpenSource che si prefigge l’obiettivo di far provare alla comunità  scientifica che ruota attorno al mondo della biologia molecolare, bio-tecnologia e bio-informatica in generale.

Questo mondo è circondato da una pletora di software per le principali piattaforme oggi in commercio, suddiviso poi in un universo di licenze, repository e pacchettizazioni.

Il progetto Bio-Linux nasce da una divisione del NERC (National Environment Research Council) nel Regno Unito che si occupa della materia in oggetto.

L’NEBC ha coraggiosamente preso in mano questo insieme variegato e disperso di software per la bioinfomatica e l’ha raccolto in un unico repository e poi è andato oltre, creando una distribuzione GNU/Linux a tutti gli effetti, basandosi sul “core” di Ubuntu (scelto nella sua versione 8.04 con supporto a lungo termine).

Bio-Linux 5, oggi è:

  • un sistema operativo su LiveCD
  • un sistema operativo installabile
  • un repository di software bioinformatico per Ubuntu

tutto pienamente supportato e con prospettive di esserlo ancora a lungo.

Personalmente ho avuto modo di apprezzare questa distribuzione in tutti i flavour elencati e di vederla anche in azione come macchina virtuale grazie all’appliance per VMWare.

Se possiedi già un sistema Ubuntu 8.04 installato ed in produzione seguendo queste istruzioni potrai installare il software fornito da NEBC senza problemi.

Come detto nelle stesse i test con la release più recente della distribuzione “umana” sono cominciati ma per un paio di pacchetti sussistono delle incompatibilità .

A mio avviso questo non è un problema Perché – in ogni caso – sul lavoro preferisco usare distribuzioni testate e non “all’ultimo grido”, specie quando l’utente finale è una persona che non deve far funzionare il computer, ma semplicemente utilizzarlo per il suo lavoro e ambito lavorativo.

Come nota personale mi spiace solo rilevare che, essendo un progetto di un Ente di ricerca se e quando finiranno i soldi si andrà a perdere questo patrimonio di conoscenze, un po’ come per un altro Biolinux, orientato al mondo RPM e “morto” nel 2007 e con Fedora6 e RedHat 9 … capisco però le difficoltà di creare ed esser parte di un “intangibile” gruppo bioinformatico per una distribuzione allorquando si devono giustificare i soldi spesi e mostrare come l’investimento ricevuto sia tornato direttamente sul beneficiante.

Qualcuno ha esperienze simili o assimilabili da condividere ?