I giorni trascorrono abbastanza sereni in famiglia. Ci sono le difficoltà della vita quotidiana, le preoccupazioni per il futuro, una situazione politica a livello nazionale ed internazionale non certo rosea. Mi limito a vivere questa vita, a gustare tutto quello che per mesi mi è stato precluso. Cerco di trarre il massimo piacere da ogni piccola cosa.
Le “cose brutte” le metto in una sacca sulla schiena, e porto il loro fardello con me sino a quando non le ho metabolizzate oppure decido di ignorarle (nel senso di dimenticarmi di averle vissute) per quanto possibile.
Non ci sono molti entusiasmi. Vivo con entusiasmo una gita, una passeggiata, mangiare qualcosa di buono. Una contraddizione continua quasi dilania il mio sentire.
Ho iniziato a leggere il libro Un’educazione emotiva regalatomi da Simone lo scorso maggio, in un particolarissimo momento della mia vita. Per molti versi è illuminante e confortante leggere come il mischione emotivo che provo è comune alla maggior parte delle persone con una certa sensibilità. O semplicemente a quelle che ogni tanto hanno la fortuna di avere del tempo per auto-analizzarsi.
Cosa voglio dire con questo post non lo so.
Piove. Ho perso un caro amico… per certi versi quasi un fratello, una persona che mi ha visto ‘a nudo’ come poche e mi ha teso una mano, un salvagente e una nave di supporto in un mare tempestoso. Milano non ha lo stesso sapore di qualche giorno fa quando sapevo ci fosse lui qui da incontrare.
Vivo, e lui non vive più. Quello che posso fare è onorare il mio essere vivo godendo di quello che viene di bello, stringendo i denti nei momenti difficili, ed essere gentile e provare ad aiutare più che posso,