Complice una pubblicità galeotta su Instagram, unita alla particolare contingenza in cui mi trovo, l’occhio mi è caduto su questo prodotto dell’azienda (belga?) Journey. Mi ritrovo infatti lontano da casa, con valigia / zaino senza specifici vani per custodire il laptop e senza una cover / custodia per il trasporto. Mi sono fatto un giro sui principali siti / prodotti sul mercato e non ho trovato nulla veramente convincente. Fino ad imbattermi in questo prodotto.
La custodia NEXA 4-in-1 raccoglie in se una serie di caratteristiche che me ne ha fatto innamorare. È sottile, resistente, offre la possibilità di caricare il tuo smartphone e cuffie/smartwatch grazie al supporto a tecnologia di ricarica tipo MagSafe e rendere la cover in se un’area di lavoro per il mouse.
Avendo trovato il codice sconto SAVE20 (valido anche su alcuni altri prodotti mi sono deciso e ho perfezionato l’acquisto. Il prodotto è arrivato in pochissimi giorni.
Il prodotto arriva in una bellissima scatola di cartone, con un packaging di lusso che nulla ha di che invidiare a quello dei prodotti Apple, da cui trae anche evidente ispirazione.
Ho fatto delle foto mie, ma nella sostanza il prodotto è così come appare nelle foto ufficiali. Evito quindi di caricarle qui e ti rimando al sito web. Io l’ho presa nera.
Ovviamente ho messo alla prova il sistema di ricarica con il mio iPhone e le mie cuffie AirPods Pro e tutto funziona come pubblicizzato. Rispetto all’uso con caricatore USB-C il telefono mi sembra si ricarichi più velocemente che non tramite carica “magnetica” (non ho cronometrato). Ma magari è proprio una caratteristica di questa tecnologia.
Consigliata quindi. Se hai altre domande fatti vivo nei commenti!
Aggiornamento (1° maggio 2024) = dopo la prova ho acquistato l’Apple Watch serie 9 e devo riportare che i due magneti NON riescono a ricaricare l’orologio. Più che per la potenza credo possa essere per la conformazione del sensore sul retro dell’SW tondeggiante e non piano.. Devo verificare con qualche smartwatch dal fondo piatto.
Spinto da alcune considerazioni sulla longevità dell’hardware scritte in tempi diversi da Fabrizio Venerandi e da Manuel Moreale, stamattina ho pensato che sarebbe stato divertente fare una disamina di tutto l’hardware che ho a casa (in termini di personal computing) e comparare lo stato delle cose.
Ecco qui una tabella riassuntiva.
Modello
anno
in uso
note
altro
Acer TM803LMi
2003
√
uso sporadico in ufficio per porte legacy
–
PowerBook G4 15”
2005
–
comprato usato nel 2008
–
MacBook Pro 17”
early 2009
√
regalato
a casa della nonna
MacBook Pro 15”
2010
√
aggiornato RAM + SSD
aziendale
MacMini
2011
–
al momento dismesso per ricollocazione
–
iMac 27”
2012
–
rotto
–
MacBook Pro 15,4”
2012
√
comprato usato nel 2018
moglie
Mac Pro
late 2013
√
comprato usato lo scorso dicembre, il trashcan è sempre stato oggetto del desiderio per me e visto il prezzo ridicolo a cui l’ho trovato, l’ho preso
–
MacBook Pro 16”
2020
√
È la mia macchina di lavoro principale
aziendale
MacMini M1
2022
√
comprato usato nel 2023, con 16GB di RAM e 512GB di disco, ha sostituito iMac 27" rotto
moglie
MacMini M2 Pro
2023
√
è la postazione desktop che ho messo a casa quando la possibilità di fare smart working pieno è diventata realtà e avevo bisogno di uno schermo grande
–
notebook Lenovo qualcosa
–
√
un’amica doveva buttarlo, gli ho messo su un disco SSD e lo uso come unica macchina Windows 10 in casa
–
Non dovrei aver dimenticato nulla. (Forse).
L’unica macchina rotta è l’iMac 27” in servizio dal febbraio 2012 che è stato acceso h24 per tutti gli anni del lockdown presso lo studio di mia moglie a Bari, mentre lei lavorava da casa collegandosi in remoto. Anche quando lo abbiamo riportato a casa è stato forse un po’ troppo maltrattato con lunghi tempi di uptime. E probabilmente il troppo calore e mai un attimo di riposo sono stati fatali alla scheda video (che pure avevamo cambiato ex-novo con un ricambio originale trovato su eBay).
Incredibilmente l’Acer preso nel 2003 (e pagato più di 2000€) funziona perfettamente con il suo Intel Centrino di prima generazione, e a parte una lentezza ormai esasperante al boot mi è servito sia per giocare con la centralina Rapid-Bike per la vecchia moto, che oggi – sia pur in maniera molto occasionale – al lavoro, quando ho bisogno di una porta legacy.
Mi dispiace molto aver dismesso dall’uso quotidiano il MacMini mid.2011, configurazione base di CPU ma con 16GB di RAM e due dischi ibridi messi successivamente. Gli devo trovare un ambito operativo, quantomeno in ufficio. Ogni tanto penso a mettergli sopra una distribuzione GNU/Linux e a farci un serverino web ad uso “interno”.
Per ora concludo qui, certo di aver dimenticato qualcosa e che a breve riprenderò in mano il post.
PS = a casa ho anche un iMac G4 completo di casse. È lento, un po’ rumoroso … andrebbe pulito per bene all’interno, ma la musica si sente benissimo. Il mio rimpianto è che, come un fesso, quando l’ho preso gli rimossi mac OS 9. Il sistema infatti era dotato di dual boot con il vecchio ed il nuovo sistema operativo (OS X).
Il seguente articolo è stato scritto dall’amico Enrico G. Lupo a cui do ospitalità per la condivisione della sua esperienza personale. Lo ringrazio, e gli lascio la parola!
Ringrazio Nicola e Sabino per avermi dato l’ieda di scrivere questa mini guida
Situazione di partenza
MacBook Pro late 2014 – modello A1502 per la precisione – sul quale “girava” macOS Catalina 10.15.7 con tutti i vari supplemental update installati; nessun problema rilevato fin dal primo giorno di installazione di Catalina a meno di non voler chiamare bug la lentezza che ha caratterizzato questo mai troppo amato OS. !
Domenica 15 novembre ho notato il pallino rosso di aggiornamento a BigSur e mi sono detto che potevo anche installarlo dato che nei due giorni precedenti non erano saltati fuori bug evidenti e comunque il mio Mac di casa non è certo vitale per la mia professione; purtroppo scoprirò dopo che avevo parlato troppo presto. Per non tirarla alle lunghe, l’installazione di BigSur procede senza intoppi fino all’ennesimo riavvio dopo il quale noto che il processo sembra bloccarsi. Decido di lasciarla “lavorare” senza fretta ma in realtà il Mac non stava installando un bel nulla in quanto ero incappato nel più grave bug che la mia vita con OSX/macOS ricordi!
Cosa è successo
Con il MacBook bloccato da ore decido di indagare e scopro che di bug importanti invece ne erano venuti fuori, ma io non mi ero informato abbastanza. In particolare questo post macOS Big Sur 11 – List of Install & Upgrade Issues UPDATED! mi spiega tutto al punto 3… e leggendo in giro per il web sembra che il bug genera un vero e proprio brick hardware sulla scheda I/O dei MacBook 2013 e 2014.
Qualche speranza me la lasciano alcuni utenti che dicono di aver smontato la suddetta scheda e, una volta terminata l’installazione di BigSur, l’hanno ricollegata ritrovandosela quindi nuovamente funzionante. Ok, mi dico, smontiamo e procediamo.
Mano agli attrezzi
Ma prima un paio di avvertimenti
DISCLAIMER 1: da qui in poi è possibile danneggiare seriamente ed irreparabilmente il Mac quindi se decidete di procedere siate consci dei rischi!
DISCLAIMER 2: è probabile che questa procedura non funzioni su tutti i MacBook affetti da questo bug quindi ciò che segue è da considerarsi sperimentale * * *
Aprire il MacBook – servono due giraviti pentalobe da 2.3mm e 3.00mm
Una volta rimosso il fondo individuate il connettore della batteria (è coperto da una plastica adesiva) e il cavo piatto che collega la motherboard alla I/O board;
sconnettete il connettore della batteria e poi svitare le quattro viti pentalobe da 2.10mm (due per parte);
infine rimuovete il cavo piatto rigido. Fate attenzione perché i connettori possono danneggiarsi facilmente.
a questo punto potete ricollegare il connettore della batteria e accendere il MacBook che partirà senza esitare.
Una volta che BigSur avrà terminato l’installazione vi ritroverete con un Mac che non può collegarsi a nulla dato che la I/O board governa il WiFi, BT, HDMI e SDcard. In realtà sulla parte sinistra del Mac c’è un’altra porta USB che potreste usare con una WiFi USB ma io non sono riuscito a trovarne una già pronta per BigSur.
Anyway a questo punto viene la parte un po’ esoterica della procedura ma è quella che a me ha permesso di ricreare il bug e risolverlo in maniera sistematica tanto che ho segnalato la cosa alla Apple sperando di essere d’aiuto.
lasciare il MacBook accesso per 4/6 ore senza fargli fare nulla e poi spegnerlo tramite la solita procedura software
attendere 5 minuti e staccare nuovamente il connettore della batteria
ricollegare il cavo piatto rigido per l’I/O board e quindi ricollegare il connettore della batteria
accendere il MacBook
Et voilà il mio MacBook è risorto letteralmente dalle ceneri. Riconosco che possa sembrare strano ma, come nella migliore tradizione omeopatica, “con me ha funzionato” (cit.). Volendo cercare una spiegazione più razionale ho letto un po’ di articoli sul web e sembra che a seconda del modello di I/O board che è montata, la sequenza che genera il brick può arrestarsi in un punto che ancora rende possibile il ripristino della funzionalità della I/O board stessa e probabilmente nella sfiga sono stato abbastanza fortunato.
Infine…
Segnalo due cose:
in ogni caso è possibile acquistare una I/O board ricondizionata o usata su eBay al costo di pochi euro, ciò vi permetterà di riavere il Mac funzionante senza sbattimenti.
Inizialmente avevo contattato il supporto Apple che nel caso specifico si è dimostrato disponibile a riparare il mio MacBook senza costi. Io non ho voluto “rischiare” in quanto a suo tempo avevo sostituito la pasta termoconduttiva della CPU, probabilmente i tecnici Apple avrebbero trovato queste “tracce” annullando di conseguenza l’intervento.
AGGIORNAMENTO DEL 20.11.2020
Stamattina ho letto la notizia che il nuovo installer di BigSur esclude dalla lista di compatibilità i modelli citati nell’articolo.
Spesso il buon Lucio riporta i traguardi di Tim Cook alla guida di Apple, esempi recenti sono i suoi ‘Manager e leader’ e ‘Due promesse sono due promesse’ e spesso sono con lui d’accordo nel giudicare positivamente la condotta del manager di una delle più importanti aziende del mondo.
Altrettanto spesso, però, non posso esimermi dal pensare alle urla che il buon Steve Jobs avrebbe lanciato contro gli ingegneri / product manager dietro alle scelte per cui se oggi io acquisto un MacBook, un iPad (magari Pro) ed un iPhone non potrò connettere tra loro i vari dispositivi in alcun modo, pur essendo ciascuno di essi dotato del suo bravo cavo e di appositi connettori da diversi anni.
Accade così che il povero utente si debbe destreggiare in una giungla di cavi, adattatori, hub o access point wi-fi personali per far si che tutti possano sempre parlare con tutti. Perché se come me giri e devi risolvere i problemi altrui, o semplicemente non lavori da solo, arriverà il momento in cui odierai con tutto te stesso questa babele, borbottando come per ogni grammo perso dal tuo notebook, diverse decine di altri se ne siano aggiunti per risolvere questa esigenza … di nicchia?
Ad oggi, per risolvere le varie esigenze in famiglia abbiamo sinora acquistato:
2x cavi da USB-C a Lightning;
2x cavi USB-C alternativi a quelli originali dell’alimentatore MacBook Pro e iPad Pro da portare sempre in giro, preservando i cavi originali;
cavo da USB-C a Display Port;
hub Portatile USB-C con Carica USB-C PD, 4K HDMI, USB 3.0 e Jack Cuffie da 3,5 mm;
cavo USB-C / USB 3.0;
hub USB-C 10 in 1: adattatore 4K HDMI, VGA, 2x USB 3.0, 2x USB 2.0, ethernet 10/100/1000Mbps, USB-C 80W PD, Slot SD/TF;
hub USB-C 8 in 1: adattatore 4K HDMI, 3x USB 3.0, slot SD/TF, ethernet 10/100/1000Mbps, USB-C 80W PD;
Mi rimane da prendere un alimentatore USB-C PD da almeno 100W con un paio di porte, un marchio abbastanza famoso su Am***n ne ha in vendita un modello sullo store USA che deve ancora essere portato qui in Italia.
Appl Still Hasn’t Fixd Its MacBook Kyboad Problm – La terza generazione della tastiera ‘a farfalla’ dei MacBook Pro (e base e Air) di Apple deve ancora risolvere molti problemi. Se l’articolo è un rant, è invece molto divertente l’uso degli errori di battitura nello scriverlo che l’autore ha volutamente lasciato integri;
Ahead of Its Time, Behind the Curve: Why Evernote Failed to Realize Its Potential — un lungo articolo sulla storia di Evernote, uno dei software più dirompenti della storia, forse ucciso da un cattivo marketing e commercializzazione. Se prima infatti era LA soluzione per moltissimi problemi, oggi invece il costo ne limita pesantemente l’adozione;
VPN – a Very Precarious Narrative – OK, usare una VPN è sicuramente una buona precauzione per la propria navigazione on-line. Ma soltanto quello, si rimane comunque vulnerabili a tantissime minacce ed il pericolo è che se nessuno ce lo spiega usandola ci illudiamo soltanto di essere sicuri;
Stamattina mi sono reso conto che l’intero lato destro delle porte del mio MacBook Pro 15″, generazione mid.2012, era morto.
In prima battuta la cosa mi ha molto inquietato, le spese sono tante e nei miei piani questo Mac mi dovrà accompagnare almeno altri due anni. Avere “metà” delle connessioni non funzionanti, magari in corto circuito, non è che mi facesse ballare di gioia.
Poi però, parlando con l’amico Giacomo ho fatto mente locale sulla botta presa sulla sacca dove trasporto il Mac, entrando di fretta in ascensore. Botta presa proprio su quel lato del Mac. Effettuando una ricerca on-line, poi, ho visto che il sintomo del mancato funzionamento delle porte sul lato destro del MacBook Pro di metà 2012 non era affatto raro, e che molte volte la causa era una disconnessione o un deterioramento del cavo tra la scheda I/O e la scheda madre del Mac.
Ho fatto due più due e mi son detto che la causa poteva essere senz’altro quella. Mi sono fiondato sul fido iFixIt e ho trovato la relativa guida allo smontaggio e riparazione.
Ho quindi verificato la connessione di questo cavo (e data una passata veloce con aria compressa per la pulizia da polvere e detriti dell’interno e delle ventole) e richiuso il tutto.
Il MacBook ha ripreso a funzionare al pieno delle sue possibilità… Phew, pericolo scampato!!!
I lettori più assidui ricorderanno su queste pagine i precedenti articoli sulla mia ‘odissea’ con i continui crash di sistema sul mio MacBook Pro (mid.2010) iniziati lo scorso autunno con l’arrivo e l’installazione di macOS Sierra [*].
Nel terzo capitolo indicavo di aver trovato la causa dei crash – e due possibili rimedi – in un thread del forum di MacRumors. Per via di un condensatore scadente, rovinatosi dopo anni di utilizzo, la scheda video discreta (una nVidia GT 330M nel mio caso) ad un certo punto si surriscalda e provoca un GPU Panic nel kernel di macOS provocandone così lo spegnimento o il riavvio.
Dicevo delle due possibili soluzioni.
La prima soluzione è di tipo hardware
Il computer è ormai diventato Vintage per Apple:
I prodotti vintage sono quelli di cui è stata interrotta la produzione più di cinque ma meno di sette anni fa. Apple non offre più assistenza per l’hardware dei prodotti vintage
…
I prodotti obsoleti sono quelli di cui è stata interrotta la produzione più di sette anni fa. I prodotti Beats a marchio Monster sono considerati obsoleti indipendentemente da quando sono stati acquistati. Apple non offre più assistenza per l’hardware dei prodotti obsoleti, senza alcuna eccezione. I service provider non possono ordinare parti di ricambio per i prodotti obsoleti.
e possiamo verificarlo nell’apposita pagina web: Apple ~ Prodotti vintage e obsoleti.
Dovendo quindi far da sè possiamo intraprendere la strada della sostituzione del condensatore nella posizione C9560 con uno di tipo 330uF 2.0v non-tantalum poly-film. Questo implicherà lo smontaggio completo del nostro Mac, poiché il condensatore si trova sotto la tastiera. Inoltre è necessario rivolgersi a qualcuno con un’ottima manualità nel dissaldare e risaldare i condensatori, onde evitare altri danni sulla scheda madre.
La seconda soluzione è di tipo software
Come accennavo nel terzo post bisogna modificare la kernel-extention AppleGraphicsPowerManagement.kext per far si che non venga mai richiesta la massima potenza alla scheda video discreta.
Per far questo dovremo:
scarichiamo da un mirror affidabile il programma Kext Drop (sviluppato dalla software house Cidori ma non più reperibile sui loro server) – una copia si trova su c|net. [In alternativa su MacRumors c’è chi ha installato Kext Wizard ma non l’ho provato personalmente]
avviamo Kext Drop, trasciniamo nella sua finestra la versione modificata della AppleGraphicsPowerManagement.kext … il programma farà un backup della kext originale (nella home dell’utente) e la rimpiazzerà con quella caricata,
riavviamo.
A questo punto la modifica dovrebbe essere stata recepita dal sistema, per sincerarcene avviamo il programma Console.app, e nel campo di ricerca cerchiamo il valore gfx0 … se tutto è a posto vedremo una schermata simile durante l’uso del Mac:
Concludendo
Spero che la versione estesa delle procedure da compiere sia stata utile a chi mastica poco l’inglese… di fatto è tutto spiegato minuziosamente su MacRumors, dove ci sono diverse risorse preziose come il manuale di assistenza hardware per il MacBook Pro, vari modelli di condensatori alternativi all’originale, un’ampia documentazione fotografica e video di come smontare il tutto.
—
[*] altrimenti questi sono gli episodi precedenti: uno, due, tre.
Ormai è diventata una saga la mia lotta con i crash di sistema indotti da GPU Panic … Dopo i rimedi proposti nei precedenti due capitoli [primo, secondo] di questo blog dedicati al problema, sono venuto a conoscenza delle due soluzioni proposte da un bel thread sul forum americano di Macrumors dedicato al problema: GPU Kernel Panic in mid-2010; what’s the best fix? →
Credo che qui siano elencate le mosse definitive per la soluzione del problema … non credo che Apple dedicherà alcuna risorsa per la soluzione di un problema che affligge macchine vintage.
La prima soluzione è di carattere software … un utente ha individuato una serie di valori da impostare nella kernel-extention AppleGraphicsPowerManagement.kext per far si che non venga mai richiesta la massima potenza alla scheda video discreta (sono disponibili 4 livelli … lui si ferma al terzo disponibile).
La seconda è quella di cambiare uno specifico condensatore – dal costo di 3$ scarsi se acquistato singolarmente – sulla motherboard, nel circuito di alimentazione della scheda video. Per operare questa modifica è necessario smontare completamente il Mac ed affidarsi ad una persona capace, in grado di rimuovere il condensatore originale e montare il nuovo senza danneggiare la scheda madre.
Da un paio d’ore, dopo l’ultimo crash, mi sono deciso a disabilitare il meccanismo di sicurezza SIP e ad adottare il metodo della modifica della kext.
Ti farò sapere come procede ! (e se sarò costretto alla sostituzione del condensatore)
Torno sull’argomento di GPU panic del mio MacBook Pro mid.2010 perché nonostante il consiglio precedentemente condiviso, ed un aggiornamento di sistema operativo – oggi siamo alla versione 10.12.2 – i crash sono rallentati ma non certo terminati. Anzi.
Una veloce ricerca su Google ti confermerà che i MacBook Pro mid.2010 e 2011 sono affetti da un grave bug (o difetto di progettazione visto che neanche la campagna di richiamo ha risolto).
Ho diminuito la frequenza dei miei crash ulteriormente, rispetto al primo articolo, seguendo questi passi:
ricostruito completamente l’indice delle mailbox di Mail.app … ero arrivato al punto in cui apertura Mail == panic entro sessanta secondi.
Questa procedura è spiegata per esteso in un post su Saggiamente di circa un anno fa. Con l’attuale versione di Mail il comando va modificato come segue:
sqlite3 ~/Library/Mail/V4/MailData/Envelope\ Index vacuum;
cominciato una indagine sullo stato di salute del mio disco di sistema, un Samsung 840 EVO, sia mediante Utility Disco che con l’utilizzo di programmi quali Cocktail o DaisyDisk cancellando file inutili …
In questo modo da picchi di 3 crash al giorno sono calato ad uno ogni due o tre giorni.
Avendo già provveduto a pulire e riapplicare la pasta termica sui chip ora non mi rimane che sperare in un ulteriore update del sistema operativo – viste le numerose segnalazioni di crash esistenti – o provare la strada del reflow… vedremo!
Barattare delle caratteristiche hardware di base con una Touch Bar glamour o con una oretta in più di durata della batteria è incomprensibile, almeno dal mio personalissimo punto di vista. Se devo lavorare in mobilità, l’iPad o l’Air mi bastano e mi avanzano. Ma se devo lavorare seriamente in mobilità, ho bisogno di una macchina potente e veloce, il fatto che debba collegare o no all’alimentatore diventa quasi sempre irrilevante. Sabino Maggi