Big Data: stiamo sbagliando l’approccio?

Segnalo un articolo – forse un po’ lungo, ma senz’altro interessante – pubblicato sulle pagine del Financial Times on-line intitolato “Big data: are we making a big mistake?” per la firma di Tim Harford.

In questo articolo Tim fa un breve excursus storico sul come sia iniziata l’infatuazione per questa tipologia di studio dei dati a nostra disposizione, in quantità sempre crescenti, riflettendo però sulla necessità di affiancarvi sempre un approccio analitico e metodologico per la loro interpretazione. Non limitandosi, cioè, a sterili interrogazioni dell’esistente…

Buona lettura!

Un bocconiano alla corte di Obama

L’economia (degli U.S.A.) è passata dall’essere fondata sulla produzione di beni materiali a quella basata su innovazione e conoscenza, il fattore produttivo essenziale oggi sono le persone, le loro idee.

Enrico Moretti – Wired Italia 2013.10

Gentrificazione dell’Italia

Se c’è una spesa che mensilmente sono più che lieto di fare, irrisoria economicamente – ben cinquantacentesimi di euro — ed al contempo “dispendiosa” intellettualmente, ebbene questa è l’acquisto di IL, (impropriamente definito) maschile del Sole 24 Ore [link →].

Il numero 51, del maggio 2013, è dedicato allo Stato dell’Italia 2013 e contiene una serie di articoli di riflessione su cosa stiamo effettivamente vivendo in questi mesi. Come sempre ricco di dettagli grafici, dati, infografiche ed ottimi articoli, due sono i passaggi che più mi hanno colpito.

Il primo è quello della scelta grafica di ritrarre il personale di Camera e Senato che appronta in vario modo, ma sopratutto con bandiere e festoni, il Parlamento per l’insediamento dell’attuale legislatura. In contrasto con la pochezza della classe politica insediata che, a mio sentire oggi 30 giugno, è anche peggiore qualitativamente della precedente. Ed è tutto dire. Contrasto che viene ancor più messo in evidenza citando le fantomatiche gesta di Grigorij Potëmkin (si, quello citato da Fantozzi) e dei suoi villaggi di cartone e commedianti in sfoggio ai potenti del regno russo, riportato alla memoria da Giuliano da Empoli ed Andrea Romano.

Il secondo è il seguente estratto del pezzo di Camilla Baresani, che mi ha fatto pensare alla gentrificazione applicato al contesto territoriale nazionale piuttosto che rionale. Eccolo:

L’unica soluzione che vedo per il nostro Paese è quella di trasformarlo in un immenso parco a tema, minimizzando la vetusta e fallimentare politica industrial-sindacale. Si tratta di rinnovare l’offerta culturale e turistica, di valorizzare e poi far pagare l’ingresso a “Italiaworld” a quei milioni di turisti alla ricerca di qualcosa di unico e irripetibile, altro che le torri di vetro e acciaio intercambiabili, offerte massicciamente in qualsiasi neo-luogo dei Brics.

Il Trapezophoros di Ascoli Satriano – due grifoni che sbranano una cerva – è uno sbalorditivo capolavoro del IV secolo a.C. che, mostrato al Getty Museum di Los Angeles (dal quale era stato illegalmente acquistato), era solo un ennesimo magnifico cimelio astratto, privo di legami con il territorio che lo ospitava. Ma se Ascoli Satriano, luogo che nemmeno gli Italiani immaginano come meta turistica, diventasse parte di un vasto territorio ben servito da treni ed aerei, dove artigianato, agricoltura biologica, boutique-hotel, archeologia sono collegati al vicino bacino turistico del Gargano, e dove si può facilmente affittare un’auto, una bicicletta, un motorino o essere scarrozzati tra capolavori del passato e delizie gastronomiche, non i creerebbe forse sviluppo e lavoro “sostenibile”, permettendo di mettere una croce sopra le devastazioni operate dal sogno industriale ormai tramontato?

La tesi di Camilla mi affascina. Permetterebbe davvero un rilancio occupazionale dell’Italia, indipendentemente dal livello culturale del lavoratore uno scenario di questo tipo e con l’indotto prodotto avremmo quell’humus necessario alla nascita di nuove spinte imprenditoriali. Come per l’Università e la Ricerca Scientifica (pubblica e non) per far ciò basterebbe detassare i comparti, pensare razionalmente alla rimozione degli ostacoli burocratici senza investire un “nuovo” soldino da prendere da nuove tasse (mai sia a ridurre i veri sprechi).

Sogno ad occhi aperti?