Patrocinando Storie di Apple

Che sia un amico (di lunga data) con Nicola D’Agostino non è un segreto. Che Nicola ed io si abbia – tra le altre – la comune passione per i prodotti Apple neanche. Del progetto Storie di Apple ne ho anche parlato alcune volte.

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Oggi però volevo spendere due parole per incoraggiarti a sostenere il lavoro storiografico che Nicola sta portando avanti da diversi anni, supportando anche tu – bastano anche solo 2$ al mese – attraverso il sito di crowdfunding Patreon l’incessante lavoro portato avanti su due siti web, un bello spazio Tumblr e un account Instagram…

…diventando un Patron, ovvero un (piccolo) mecenate.
Con il vostro sostegno economico finanzierete concretamente la creazione di nuovi articoli in inglese e in italiano, donando una piccola (o grande, fate voi) quota mensile.

Su Patreon ci sono diversi livelli per contribuire (molto geek e divertenti i titoli scelti per ciascun livello) a cui sono legate rispettive ricompense, a partire dal poter fruire in anteprima di quanto prodotto passando per il decidere o anche richiedere approfondimenti su un prodotto o momento storico.

Con molto garbo ed umiltà Nicola ha deciso di intraprendere questa strada di finanziamento per supportare un enorme lavoro di passione, rispettando il lettore e non sparandogli addosso banner pubblicitari o altri meccanismi per monetizzare profilando i propri lettori da parte di terzi.

Nel mio piccolo ho deciso di sostenere lo sforzo e l’impegno di Nicola, e se i frutti saranno all’altezza dei tre ottimi articoli scritti sino ad oggi per noi patrocinanti ci attendono grandi cose.

Sostieni anche tu Storie di Apple su Patreon

Un errore colossale

L’amico @masolino mi segnala questo articolo (in seguito a discorsi fatti in precedenza) di Leopoldo Fabiani sulle pagine (on-line!) de L’Espresso:

Un errore colossale →

Il giornalista espone una tesi per cui gli editori stanno facendo un grosso errore (da cui il titolo) a gridare ai quattro venti “la stampa è morta” e “mobile first” … tesi non del tutto peregrina ma a cui mi viene istintivo da commentare, in maniera frammentaria e un po’ disorganizzata quanto segue…

  • Non sono un lettore di quotidiani, ma mi chiedo … siamo sicuri che gli editori menzionati curino sufficientemente le versioni digitali delle proprie testate? Le curano nella loro totalità come curerebbero un prodotto fisico?
    Testate come IL Magazine mi sembrano non minori come qualità alla loro controparte cartacea (per fare un esempio). O i livelli di approfondimento de il Post (ricordo il caso del Brexit di inizio anno) non mi paiono possibili su carta.
  • Il tempo che richiede la lettura di un quotidiano, in maniera seria, in tutte le sue sfaccettature è sempre qualcosa di impegnativo. A meno che non si compri il cartaceo e se ne leggano solo 4 pagine sulle 40 (mettiamo). Ed in questo secondo caso la qualità della lettura, e dell’informazione assimilata, credo sia del tutto paragonabile a quella della lettura a mezzo “segnalazione tramite post su Facebook”.
  • Il fatto che poi il campione USA utilizzi Yahoo come fonte di approfondimento la dice lunga sulla media culturale delle persone che usa lo strumento. Voglio dire, tra le battute più vecchie sul web c’è quella sul fatto che se finisci su Yahoo Answers stai sicuramente sbagliando e perdendo tempo.

Il cartaceo, a mio avviso, ha senso di esistere per riviste mensili, settimanali, bimestrali o periodiche di nicchia ed estremamente dettagliate nei contenuti.
Oppure per quotidiani estremamente agili e focalizzati in pochissime tematiche: analisi geo-politiche, economiche, cultura – e non costume o gossip.
Le cronache locali a carico di testate locali le vedrei poi egualmente focalizzate ed integrate poi tra loro in un sistema di accordi commerciali tra testate locali e nazionali…

Sveglia! L’attuale sistema informativo non funziona

Wake up: News doesn’t work →

Sono estremamente meravigliato di come l’articolo di Dave Winer, scritto lo scorso 10 Luglio, sia arrivato soltanto stamattina sotto il mio ‘radar’ informativo.

Try an exercise.

Get informed.

You can’t. All you get is sensation. Feelings. Pushes in this primal direction or another. Fear dominates. The people who do what we call news know how this works and they make fear. And that’s a rush and it feels good, but what about when you really just want to know what’s happening?

La tesi esposta da Dave è tutta qui, in queste poche righe. Proviamo assieme un esercizio, cerchiamo di informarci su una vicenda. Arrivare ai fatti è di fatto praticamente impossibile.

Una nazione vota per “uscire dalla Comunità Europea”. Un disastro ferroviario tra Andria e Corato strazia la Puglia, un singolo fa una strage sul lungomare di Nizza, un tentato colpo di stato a Instambul fa tremare il mondo.

Quali sono i dati, i fatti? Si dice, si stima, si pensa, si ritiene… Perché nel 2016 non c’è un sistema sicuro di segnalazione percorrenza binario per treni? Quali sistemi di sicurezza sono disponibili sulle varie tratte ferroviarie italiane? E nel mondo? Chi è davvero l’attentatore? Il golpe aveva ragion d’essere o è una montatura? E tante, tante altre…

Quello che abbiamo sono riprese parziali, bare bianche con ghirlande di fiori in primo piano, la testimonianza dei soccorritori.

Per non parlare di Facebook, il più grande esperimento sociale del mondo non è in grado di aggregare le notizie di cui mi interessa veramente pur avendo traccia di attività e preferenze mie e dei miei seicento contatti.

Dobbiamo migliorare, dobbiamo trovare un modo. Dalla nostra reale comprensione degli accadimenti derivano opinioni, analisi, decisioni. E le decisioni prese ‘di pancia’, sull’onda dell’emozione non sono mai buone, ne vagamente risolutive …

letture suggerite del 31 Marzo, 2016

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Medium entra nell’adolescenza

Circa quindici ore fa Ev Williams, padre di una serie di start-up tecnologiche tra cui Twitter ed attualmente di Medium ha svelato le novità di quella che una volta avremmo chiamato la versione 2.0 della sua piattaforma di digital publishing

Taking Medium to the next level →

Le reazioni non sono mancate, quella di Filippo è la prima che ho letto ma stasera so che ne feed reader me ne ritroverò molte altre stasera. Anche nel mio gruppetto di amici abbiamo cominciato a discutere della cosa, sopratutto di che tipo di business plan ci sia dietro a questa realtà editoriale.

Personalmente nel tempo sono stato molto combattuto nel giudicare Medium.

Ne ho apprezzato estetica, funzionalità, realizzazione tecnica, capacità di generare discussioni o spunti molto interessanti. Potrei anche affermare che negli ultimi due anni almeno l’80% delle letture più interessanti e approfondite che ho fatto on-line vengono da articolo pubblicati sulla piattaforma.

Ne ho temuto, al contempo, la capacità di fagocitare tutti e tutto dentro un format unico. Che tende ad omogeneizzare graficamente qualunque tipo di contenuto … e quindi anche il contenuto stesso (chi pubblica su Medium molto spesso scimmiotterà nello scrivere i canoni dei post maggiormente letti / apprezzati, con un pedissequo utilizzo di immagini, capoversi e simili arrivando anche ad un’omologazione di pensiero – esempio: non ho mai letto un post contro Sketch su Medium).

In un dilagare di Apple News, Facebook News e simili però – non so dire bene perché – ma sono contento che Medium ci sia, e l’introduzioni delle nuove funzionalità (API, mappatura del dominio sui loro server) e la presa di coscienza vista nelle FAQ delle richieste che le persone hanno nel valutarli come piattaforma di pubblicazione mi fanno sperare nella buona riuscita del progetto.

Certo, c’è sempre la questione dell’offerta – per il momento – gratuita della loro piattaforma per un uso più professionale, nessuno dei concorrenti che sia Ghost o WordPress lo offre, e questo fa nascere più di un interrogativo su quale sarà l’effettivo business plan che gli garantirà nel tempo il mantenimento del servizio (e temere da un momento all’altro l’arrivo di pubblicità embedded) ma su questo punto non c’è niente di certo ed il “bicchiere” si può vedere mezzo pieno o mezzo vuoto solo a seconda delle inclinazioni personali …

Negoziati per l’Informazione

Making sure news is accurate, which seems pretty basic; being accountable for it if it is not accurate; being transparent about the source of stories and information; standing up to governments, pressure groups, commercial interests, the police, if they intimidate, threaten or censor you. Protecting your sources against arrest and disclosure. Knowing when you have a strong enough public interest defence to break the law and being prepared to go to jail to defend your story and sources. Knowing when it is unethical to publish something. Balancing individual rights to privacy with the broader right of the public interest.
Jeff Jarvis

Negotiating for News
The Principles at Stake With Facebook, et al

… è un lungo articolo, una riflessione a latere se vogliamo, del famoso giornalista (nonché professore, relatore e opinionista) statunitense Jeff Jarvis relativo ad un incontro a tema “Facebook: Friend or Enemy?” svoltosi non troppo tempo fa durante la Social Media Weekend alla City University di New York.

In cinque punti Jarvis esamina dal punto di vista ideologico cosa significhi la nuova incarnazione dell’idea di Facebook di introdurre notizie (giornalistiche) nel feed dei suoi utenti, e di come o perché Autori ed Editori devono trovare con IL social network (ma anche con tutti gli altri network di utenti realizzati da Google e Apple News prossimo venturo) un comune denominatore per trarre gli uni forza dagli altri, senza cannibalizzazioni a detrimento delle varie parti in gioco: in primis gli utenti e ciò che potranno leggere, e come …

Una lettura stimolante, su un argomento complesso e delicato (il controllo dell’informazione). Da leggere!